La narrazione musicale del mio 2018

Il tempismo di questa pubblicazione, se effettuata appositamente nel corso del primo di gennaio, si sarebbe rivelato perfetto e super sincronizzato con il senso di questo articolo.
La verità è che, il primo giorno dell’anno, non mi ha regalato altro che sconnessioni grammaticali da brividino che ho preferito evitarvi perchè, di cominciare l’anno fra verbi pregni di fragolino e spumante, proprio non lo meritate.

La tendenza generale tipica di queste prime giornate dell’anno, verte su una specie di bilancio su quello che è stato e su quello che sarà, il tutto condito di una positività che, leggo su Instagram, generalmente scompare attorno al terzo giorno del mese.
Quindi, se la vostra asticella è incline alla positività come la celebrazione della vita è incline al due novembre, tenete duro, ritorneranno tutti stronzi e negativi nelle prossime ventiquattro ore.
Come dicevamo è tempo di bilanci e ho deciso di effettuarne uno dal punto di vista prettamente musicale, per analizzare quali picchi di genere abbia sfiorato maggiormente l’anno appena trascorso.
Questo pezzo sarà una specie di dupe economico del famigeratissimo Spotify Wrapped, un’analisi di ciò che il 2018 ha rappresentato, musicalmente parlando, per ogni account Spotify tranne il mio perchè, nonostante 264 tentativi, il sito continua a ricaricarsi all’infinito.
Forse vogliono farmi una playlist del decennio nella sua totalità?

Resta il fatto che, dovete immaginare la mia annata musicale come un campo da calcio dove, la linea centrale, divide il team del mainstream da quello del vagamente – ma saggiamente – ricercato.

Per l’agguerritissima squadra del mainstream, troviamo dei pezzi che, se analizzati a livello psicologico, potrebbero comporre il profilo di una tredicenne, apparecchio, venature ballad negli occhi e una passione per i film che dipingono standard super irrealistici per quanto riguarda le relazioni amorose.

Dall’altro lato, a gran voce, troviamo l’universo ricercato e in eterna combutta-  e convivenza- con il team appena citato.
Vi chiedo scusa perchè, di 2018, questi pezzi hanno solamente il periodo storico in cui sono stati riprodotti.

Per farmi perdonare – anche se gli artisti sopracitati senz’altro non sono una pena per le orecchie – ho deciso di posizionare come album dell’anno un disco che, effettivamente, nel 2018 ha visto la luce.
Sto parlando di A Brief Inquiry Into Online Relationships dei The 1975, di cui, fra l’altro, ho parlato QUI sul blog poco fa.
Una particolare menzione va senz’altro ai miei pezzi preferiti dell’album I Like America and America Likes Me, Love It If We Made It e I Always Wanna Die (Sometimes).

 

Questa era la narrazione musicale – e romanzata – del mio 2018.
Sarei felice di leggere la vostra nei commenti!
Approfitto dell’occasione per augurarvi un serenissimo anno nuovo e per ringraziarvi per il supporto, sopratutto per quanto riguarda l’ultimo articolo.
Ho davvero apprezzato!
Alla prossima!

 
Le immagini utilizzate non mi appartengono in nessun modo e sono facilmente reperibili tramite la ricerca Google e Pinterest.

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8 pensieri su “La narrazione musicale del mio 2018

  1. Questi 1975 mi incuriosiscono molto, devo approfondire. Nella mia playĺist del 2018 metterei al 3 posto Delta dei Mumford & Son, al 2 For Crying out Loud dei Kasabian (anche se in realtà e uscito a fine 2017) e al 1 posto Simulation dei Muse.
    Esulando dall’anno di uscita debbo dire che ho apprezzato moltissimo un Best of di Etta James, At last. Bellissimo!

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