Altro giro, altra corsa e altri 28.000 passi giornalieri che non mi faranno sentire in colpa per i successivi due mesi di mancata attività fisica che ne conseguiranno.
Questa volta è il turno di Venezia che, al contrario di Firenze, segna le venature di un ritorno: non è la prima volta che mi cimento fra l’ardore dei canali e la poesia commovente dei tramonti veneziani.
Ricordo che la prima visita agli albori del 2018 mi travolse in quel tipo di stupore che ti accantona fra il bivio della fantasia ed il bivio della realtà, dove non puoi fare altro che essere il mite testimone della bellezza che hai avuto l’occasione di interiorizzare.
Ero ritornata a casa all’interno di una bolla conservatrice di ciò che avevo ammirato, evitando comunque l’acquisto del cappellino LOVE VENICE: lasciamo che i vibes 2006 e le conseguenti t-shirt marchiate dalla bandiera italiana rimangano, appunto, vibes 2006.
Giunge il 2019, ci ritorno e le cose cambiano: i ponti rimangono gli stessi, le viste mozzafiato, le attrazioni mantengono il loro patrimonio e le cose, ai miei occhi, cambiano.
Sarà che sono veramente nel bel mezzo di una spirale di metamorfosi che, anno dopo anno, mi rigetta nell’inevitabile limbo del cinismo, ma la mia visita a Venezia si trasforma in un episodio di Black Mirror.
Attenzione, non voglio assumere i panni di una di quelle madri che “Hai male al ginocchio? Beh sei sempre al telefono!” ma vedo le persone camminare di fianco alla bellezza e passare oltre, con il capo rivolto ad un paio di Adidas che saranno destinate ad accogliere il fulcro della visuale.
Si cammina, si cammina e si cammina ancora all’interno di una maratona senza fine, verso una direzione che, un giorno, porterà un determinato cittadino del mondo a dire ad un altro cittadino di aver visitato Venezia, andando a nascondere sotto al tappeto della narrativa, di essersi limitato a camminarci sopra.
Dove stiamo andando?
Perchè camminiamo incessantemente se non possiamo voltare il capo verso la bellezza e farla nostra, per il tempo di un minuto?
Viaggiate per i motivi che credete siano giusti, viaggiate per rifarvi i feed di Instagram come, io stessa, mi ritrovo puntualmente a fare nel momento in cui sono in un luogo caratteristico o insolito o aesthetically pleasing.
Poi fermatevi per un momento e dedicate quel momento a voi stessi, incanalate tutta la merda che avete accumulato nell’ultimo mese e lasciate che una gondola – placcata in oro – se la porti via.
Guardate le cose, guardatele nel senso più intrinseco del termine: potreste vederle ancora mille volte o forse potrebbe rivelarsi il vostro unico tête-à-tête, la vostra unica occasione per esserci ed esserci davvero.
Scusami Venezia.
Ti ho usato impropriamente, ti ho usato per porre una riflessione sull’esistenza: camminiamo, camminiamo e lasciamo che ciò che vige al nostro fianco sia bello.
E distante ad ogni passo.
L’ultima volta che sono stato a Venezia è stato nell’ottobre 2008. Ho camminato dalle 9 alle 15 senza mai tirare fuori il cellulare. Fu una giornata bellissima.
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Ti piace vincere facile: nel 2008 I telefoni non esistevano. Ma quanto sono millennial? 😂😂😂😂
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In effetti avevo una compatta digitale.. e nessuna ragazza a cui scrivere 😂
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😂😂😂
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Riflessione più che azzeccata e foto splendide😊
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Ti ringrazio davvero tanto, Ornella! 🌼
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Qué amor a esta celebérrima ciudad y, en efecto, nos permite brindar largas caminatas apreciando las múltiples bellezas de nuestro barrio. Abrazos y gracias por el texto, Mica
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Abrazos abrazos abrazos 🙏🌹
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Si chiama turismo di massa e Venezia non si salva … anzi!! Lavoro a Venezia da 8 anni e mi regala ancora forti emozioni ma allo stesso tempo la qualità dei turisti peggiora sempre di più e qualche volta si “sclera”… Black Mirror è niente se lo vivi ogni giorno … è un unione tra un film horror e un film di Lino Banfi anni ’80 dove puoi decidere se ridere come un cretino o ucciderli tutti come un serial killer
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Adoro il parallelo finale! 😂
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