Il mio incontro con MaLaVoglia è scandito dagli algoritmi di gmail: mi viene proposto l’ascolto del suo nuovo singolo Hamilton, mi piace un sacco e come seduti al tavolino di un locale a vostra scelta, ve lo voglio presentare.

Ciao MaLaVoglia! E’ come se fossimo seduti ad un tavolino metaforico, quindi sentiti pure libero di avvalerti di un gin tonic metaforico. Cos’è importante che sappiano di te le persone sedute a questo tavolo?
Ciao Micaela! Avevo proprio bisogno di fermarmi a bere un Gin Tonic dopo queste due settimane intense. Se avete il Ginmare, meglio…ma va bene anche un altro gin: quello che conta è la compagnia giusta!
È bello essere seduti a questo tavolo e potermi raccontare.
Di Malavoglia vorrei sapeste che è un viaggiatore e i viaggiatori sono solitamente tutti un po’ sognatori e notoriamente Peter Pan.
Proprio a questa voglia di viaggiare, devo la mia perseveranza.
Non ho mai smesso di credere in quello che faccio proprio perché vedo questo mio cammino come un viaggio che, come tale, mi arricchirà come artista ma soprattutto come uomo.
C’è stato un momento della tua carriera in cui ti sei detto Benissimo, io voglio fare questo nella vita?
Sono diversi i momenti in cui mi sono sentito di essere nel posto giusto al momento giusto.
A dire il vero dalla prima volta in cui sono salito su un palco, a 8 anni.
Mio zio organizzava concerti nel mio paese natio della Puglia, Sannicando Garganico, in Gargano.
Cantai per la prima volta davanti al pubblico e non volevo più scendere: forse da quel palco non sono mai sceso.
Poi in realtà ci sono stati tanti altri momenti meravigliosi che mi hanno fatto dire “Okay, io qui voglio starci!”.
Mi viene in mente l’apertura dei concerti di artisti come Roberto Vecchioni, Umberto Tozzi o i Nomadi.
Essere a contatto con loro mi ha permesso di vedere dove puoi arrivare quando inizi un percorso nel tempo: sono grandi uomini prima di essere grandi artisti.
Una delle ultime esperienze più importanti è indubbiamente quella fatta sulle Isole Tremiti, dove ho suonato sullo stesso palco di Lucio Dalla.
Ecco, in quel momento mi sono detto che non avrei mai potuto rinunciare alla musica, ai concerti, alla gente che ti ascolta.
Hamilton è il tuo ultimo singolo: ci ho letto un sacco di metafore. Parlaci di questo brano!
Hamilton per me significa rinascita, voglia di ricominciare e nonostante tutto di credere ancora nella vita, nell’amore.
È un brano semplice e senza fronzoli, dove la metafora del pilota Lewis Hamilton diventa l’emblema di questa voglia di ripartire e di andare veloce, velocissimo.
È nato nel corso del lockdown, dove mi sono scavato dentro dopo tanti mesi di solitudine, ho ritrovato l’amore verso me stesso e verso la vita.
Diciamo che questo periodo forzato con me stesso mi ha reso migliore.
Così mentre sfogliavo Instagram incappo in due occhi azzurri come il cielo e in quel volto trovo il mondo dove disegnare la mia “Hamilton”.
Se dovessi consegnare nelle mani di una persona seduta a questo tavolino la top3 delle canzoni della tua vita, quale sarebbe?
Siamo all’ultimo goccio di questo Gin Tonic buonissimo e chiuderei chiedendo al deejay di mettermi tre brani che, da sempre, hanno accompagnato i miei passi.
Sono molto diversi tra loro perché ho sempre spaziato fra tanti generi musicali.
Certo, sarebbero molto di più di tre, ma se devo limitarli allora scelgo le canzoni che hanno accompagnato tre dei momenti chiave della mia vita.
Quando decisi di pubblicare il mio libro “STRADE” e seguire per sempre il mio percorso musicale, ci fu una canzone che accompagnò quei giorni così strani: “Ho imparato a sognare”, dei Negrita.
La seconda è di un artista che è stato la mia colonna sonora ed è una delle prime canzoni che ho cantato e imparato a suonare con la chitarra: “Il mio canto libero” di Lucio Battisti.
La terza è riconducibile ad un momento molto difficile della mia vita perché i cambiamenti, anche quelli positivi, passano sempre da una fase di mutamento interiore difficile da metabolizzare.
Una volta assimilati però diventi più forte e hai la sensazione che davvero “non ti possono fare più niente”.
Il terzo brano è la colonna sonora di tutta la mia vita: “Sogna ragazzo sogna” di Roberto Vecchioni.
Curiosità… sia i Negrita che Vecchioni, li ho visti da vicino, dallo stesso palco: al MEI di Faenza i primi e in una data in provincia di Pavia, il secondo.
Strana la vita, eh?
Prova a scrivere qualcosa di tuo, sarebbe carino. Ciao..
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Ti ringrazio! 🙂
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